sabato 19 giugno 2010

sabato 22 maggio 2010

FABLE


Piattaforma: X-Box
Data di pubblicazione: 2003
Sviluppo: Lionhead Studios
Produzione: Microsoft

Il potere decisionale di plasmare la personalità del protagonista in un videogioco è stata l'ultima considerevole caratteristica evolutiva del gioco di ruolo occidentale. E Fable ne è stato il massimo promotore.
La conversione di questa idea, ormai iper-inflazionata, dalla teoria alla pratica è, però, molto difficoltosa. E Fable ne è la massima dimostrazione.
A differenza della critica, io non penso a Fable come a un frutto acerbo che aspetta di maturare man mano nei sequel. Penso a Fable come a un progetto che sbaglia alla radice e che, perciò, evolve degenerando.
Partiamo dagli aspetti positivi: Fable si presenta bene. Graficamente uno dei vertici della produzione x-box, gli scenari (per quanto canonici) sono ispirati e immergono il giocatore nell'atmosfera epica, e scanzonata al contempo, del gioco. Atmosfera che si allea ad una colonna sonora elegante e idilliaca, mai invadente. Qualità estetica frenata solamente dall'inespressività dei volti (problema non trascurabile, considerata la massiccia interazione con gli abitanti di Albion). Ma in linea con la povertà della trama e dei piatti personaggi che la compongono. Fin qui niente di male, ma quando si prende in mano il pad comincia l'agonia. Quando ci si accorge che le idee ambiziose e originalissime dell'autore diventano una letale arma a doppio taglio. Il gioco si lascia giocare...o meglio, si gioca da solo. Mai visto nulla di più lineare, semplice e guidato. Il livello di sfida e pressocchè risibile (solo all'arena ci si rimbocca un pò le maniche), gli enigmi non esistono, l'esplorazione neppure. Tutto trascurato in favore di un mero contorno, di una esasperante personalizzazione del protagonista (dai nomignoli ai tatuaggi), di una responsabilità morale che non coinvolge, di approcci relazionali fondati su dei meccanismi demenziali e macchinosi (quanto inutili). Insomma, una fucina di idee brillanti (che infrangono anche tabù videoludici, come il sesso e l'alcool) fini a se stesse, decontestualizzati dalla progressione narrativa. Da sfatare anche il mito della credibilità del mondo di Fable. Basti notare le stucchevoli esclamazioni sul nostro conto, infinitamente reiterate, che escono dalla bocca degli abitanti e che, spesso, sono frutto di siparietti di squallida comicità involontaria. Più posticcio di così.
Una domanda sorge spontanea: perchè, oggi, Fable 3 è uno dei titoli più attesi? Forse la gente preferisce scegliere tra le basette o il pizzetto anzichè giocare.

VOTO: 6

martedì 27 aprile 2010

TRAUMA CENTER: UNDER THE KNIFE


Piattaforma: Nintendo DS
Data di pubblicazione: 2005
Sviluppo: Atlus
Produzione: Atlus

A più di cinque anni dalla nascita del portatile Nintendo, ci si ritrova a qualificare Trauma Center come la pietra miliare, il simbolo dell'ideologia originaria sulla quale si fondava il DS. Novità concettualmente semplici unite ad una caratura ludica vecchio stampo, che premia le abilità del giocatore.
Una trafila di interventi chirurgici da concludere, entro un limite di tempo, sotto una veste grafica essenziale e attraverso un'interfaccia di gioco comodissima. L'immedesimazione pressochè totale sfocia in uno stato di tensione emotiva costante e palpabile che, nei momenti di allerta, raggiunge vette di rara intensità: il sottofondo sonoro prende un piega musicale tormentata, il bip delle apparecchiature si fa insistente, l'infermiera ci allarma e l'ansia di commettere errori fatali cresce vertiginosamente. Stato d'animo che, però, sbiadisce e confluisce nella frustrazione quando la stessa situazione si ripresenta nella medesima operazione una seconda, una terza o una quarta volta. Ma raramente capita, se non nelle manovre finali (e, ahimè, più lunghe). Sorprendente la trama, che conta dei personaggi ben delineati e profondi, coinvolti in una serie di risvolti narrativi poco prevedibili e che vanno a toccare tematiche decisamente pesanti (in particolare l'eutanasia) in maniera cruda e matura. Contrariamente a quanto ci si possa aspettare (ingannati dalla leggerezza del tratto manga).

VOTO:8

giovedì 15 aprile 2010

GRAND THEFT AUTO III


Piattaforma: X-Box
Data di pubblicazione: 2003
Sviluppo: Rockstar North
Produzione: Rockstar Games

GTA III è senz'altro uno dei dieci giochi più rilevanti del decennio appena trascorso, in quanto simbolo per antonomasia del free roaming e della violenza gratuita. Fattori di sicuro impatto commerciale che vanno a scontrarsi, però, con una fisiologica carenza di dignità artistica, fondamentale affinchè un videogioco sopravviva al decorso temporale. Per questo, citando un commento anonimo, GTA III è figlio dei suoi tempi. Non perchè "tremendamente anni '90", ma perchè indebolito dagli anni. Il piattume grafico salta subito agli occhi: strati cromatici immobili al grigio, scenari metropolitani scarni e anonimi, fiacchi manichini umani che deambulano per le strade e via dicendo. Estetica inerte soccorsa, fortunatamente, dalla colonna sonora che, pur priva delle costose licenze dei sequel, propone una notevole varietà di generi e di brani (si potrà investire i pedoni con un sottofondo lirico, unico momento da antologia del gioco). Ma GTA III è monco anche di quelle significative peculiarità che hanno reso celebri gli episodi seguenti. Manca una sceneggiatura degna di essere chiamata tale, una trama che coinvolga il giocatore, un protagonista carismatico che interferisca attivamente con gli sviluppi narrativi (non un pupazzo, come in questo caso) e un cast di comprimari e secondari che sappia fare altrettanto.
Il gioco progredisce attraverso una serie di missioni più o meno (più meno che più) ispirate e divertenti che, però, devono fare i conti con una certa macchinosità strutturale. Quella che rende l'azione inutilmente dispersiva, frustrante (drammatico il sistema di puntamento per le sparatorie e l'assenza di un checkpoint a missione fallita), diluita a dismisura (spostarsi da un lato all'altro della città per concludere mansioni semplicissime) e limitante nel far vivere al fruitore la libertà di gioco apparentemente offerta. Apparentemente. Perchè GTA III dimostra le sue potenzialità (leggi totale anarchia) attraverso il cazzeggio. Il tedioso cazzeggio fine a se stesso che smarona dopo un'ora, ma che esalta il suo pubblico da sempre.
Da notare come l'entusiamo di una critica, all'unanimità, sorprendentemente miope abbia spinto il titolo nell'immaginario dei capolavori videoludici. Fattore che lo infila, di diritto, nella lista degli intoccabili.

VOTO: 6

martedì 13 aprile 2010

Ritorno alle origini!

Con la recensione di GTA 3 mi sono accorto di aver capovolto le linee guida che intendevo perseguire sul mio blog. Da giudizi sbrigativi e faziosi a pseudo-recensioni in cui reprimo i miei gusti in favore di una falsa obiettività.
Inconsapevolmente, mi sono adeguato a quel modello formale composto da argomentazioni impersonali che io stesso criticavo. Ed è per questo che urge un ritorno alle origini.

sabato 27 marzo 2010

GRAND THEFT AUTO III


RECENSIONE E VOTO RINNEGATI

venerdì 12 marzo 2010

OUTRUN 2


Piattaforma: X-Box
Data di pubblicazione: 2004
Sviluppo: Sega-AM2
Produzione: Sega

Outrun 2, seguito ufficiale del primo Outrun del 1986, è probabilmente il miglior racing game arcade della decade appena trascorsa. Quasi un reduce di un genere progressivamente messo fuori uso dalla proliferazione di noiosissimi e anonimi racing game simulativi. Purtroppo.
Che dire, un erede coi fiocchi. Un'esperienza audio-visiva straordinaria: dodici Ferrari, luci e colori inebrianti e orizzonti ispiratissimi che spaziano dalle Piramidi alla Torre Eiffel con una naturalezza disarmante. Uno splendore estetico unico armonicamente accompagnato da una delle migliori colonne sonore mai composte per un videogioco (che può contare, oltre alle insuperabili Splash Wave, Magical Sound Shower e Passing Breeze, il tiratissimo brano cantato Night Flight e un esplosivo remix guitar di Risky Ride...tanto per citare i due che preferisco).
Il gioco è rimasto concettualmente invariato (giustamente) rispetto al passato mantenendo la storica progressione a bivi che permette di non esibire tutto e subito ma di scoprirlo lentamente, così che anche alla decima partita affiorino nuove "emozioni".
Un tradizionalismo, però, svecchiato dalla derapage estrema che, oltre ad accentuare il senso di dinamismo e velocità, si erge a nuovo perno (quindi nuovo approccio al gioco) e simbolo di questo secondo episodio.
Terminata la modalità classica (come da consuetudine, cinque brevissimi siparietti in stile slapstick comedy a far da epilogo alle cinque destinazioni) si passa alla modalità missioni (come per Mario Kart, anche qui colpisce la maledizione dei riempitivi). L'impatto è molto positivo. Missioni varie e originali (perfino alcune con contaminazioni matematiche, che da sole valgono più di tutto il catalogo Training per DS), che fungono da piacevolissimi diversivi intrisi della medesima indole adrenalinica istintiva della modalità classica, si trasformano in una monotona sequela di copie delle stesse settate ad un livello di difficoltà così alto da diventare delle corse completamente mnemoniche (che necessitano la pianificazione, dopo l'ennesimo fallimento, di ogni frenata e ogni sterzata). Ridicolo. Ma sono "inezie" a lungo termine su cui si può (quasi, ho tolto mezzo voto per questo) soprassedere.

VOTO: 8

sabato 27 febbraio 2010

MARIO KART DS


Piattaforma: Nintendo DS
Data di pubblicazione: 2005
Sviluppo: Nintendo EAD
Produzione: Nintendo

Mario Kart è, da sempre, sinonimo di gusci da scagliare, bucce di banana da seminare, stelle di invulnerabilità e fulmini: in poche parole un gioco di corse surreale dove regna la scorrettezza. Fantastico. Ma pochi ricordano quanto poco influiva l'oggettistica (se un giocatore non era in grado di tenere bene la strada e di dominare le curve, allora nemmeno il fulmine poteva ribaltare le sorti) nel primo Mario Kart, tanto che la critica lo fa confluire come un punto di partenza che troverà il suo punto di arrivo in Mario Kart DS. La verità è che Super Mario Kart è quasi un titolo a se stante e tutti i seguiti nati durante l'attuale e la scorsa generazione di console sono figli(astri) di Mario Kart 64 (escluso il Super Circuit, un incrocio bilanciatissimo tra i due capostipiti SNES e N64). Fine premessa.
Mettiamo da subito in luce un aspetto: Mario Kart DS (lo stesso vale per Double Dash) non evolve nemmeno Mario Kart 64. Ravvisato lo scarso successo del doppio pilota lo toglie ed eredita, sempre dall'episodio GameCube, il power-slide (una serie di destra-sinistra/interno-esterno da effettuare in derapata per caricare il boost, un mini-tubro). Ma nessuno sembra accorgersi che è un pretesto che non regge e che va a modificare un gameplay che non ne aveva bisogno perchè già perfetto e equilibrato nella sua semplicità. Equilibri deteriorati anche grazie ad un cast di piloti fin troppo nutrito (12 contro i classici 8) che dispone di ben 36, diversificati quanto inutili, Kart (della serie riempi il buco di qualità con la quantità, con il paradosso di allargarlo ulteriormente). A ciò si aggiunge un senso di sfida bassissimo, anche a 150cc, che la CPU tenta di alzare con i metodi più disonesti (guscio blu in primis, considerata la nostra costante prensenza in prima posizione) per favorire il più possibile dei ribaltamenti (oramai diventati il sale della serie). Ma non basta! Il gioco sarebbe ancora troppo spoglio. Ecco in aiuto una modalità missioni che stanca già a metà (grazie ad un curva di difficoltà sballatissima) e che insiste fino alla nausea con lo sneaking (il prodotto tra power-slide e boost) e sedici piste di vecchia data (demenziali, nel contesto, quelle SNES).
Ma non disperiamo: il comparto tecnico è ottimo e spreme il DS a dovere in una sfilata di piste all'altezza degli episodi precedenti (il flipper di Waluigi, la pista tic tac e la fortezza volante su tutte) anche se (purtroppo) meno diaboliche nel track design rispetto al passato.
In un single player quasi svuotato della sua antica essenza viene, fortunatamente, a far da contrappeso un multiplayer locale ancora divertentissimo. Ed è qui che Mario Kart torna ad essere se stesso.

VOTO: 7,5

venerdì 12 febbraio 2010

TOM CLANCY'S SPLINTER CELL


Piattaforma: PC
Data di pubblicazione: 2002
Sviluppo: Ubisoft Montreal
Produzione: Ubisoft

Il concorrente occidentale di Metal Gear Solid. Gli sviluppatori, consci di non poter detronizzare la saga di Kojima affrontandola sullo stesso piano, deviano su un'impronta grafica realistica che risalti la meccanica stealth, questa si, più approfondita e simulativa.
Si legano naturalmente a queste caratteristiche tre delle più evidenti magagne di Splinter Cell: l'assoluta mancanza di carisma dei personaggi (lo stesso Sam Fisher, pur impegnandosi, ha meno fascino del suo visore a tre lenti), la trama che raggruppa tutti i soliti ingredienti narrativi delle produzioni letterarie e cinematgrafiche di spionaggio (cia, intrighi politici, mafia russa, medio-oriente ecc..) in un insipido calderone di scarso interesse e, di subitanea conseguenza, gli scenari che brulicano di interni e limitrofi grigi e vuoti (guardacaso l'unica locazione che rimane impressa è la piattaforma petrolifera, esterno giorno).
Otto missioni intrise di tutto ciò che un titolo stealth può offrire: lo stato di perenne allerta, l'eccitante armamentario da infiltrati speciali (aggeggi del calibro di telecamere in fibra ottica e microfoni direzionali), le stragi lente e silenziose che si alternano anche al dolce sapore (sempre meno contemplato nel panorama attuale, tra un Modern Warfare e un Gears of Wars) dell'astensione dalla violenza, che ci vede fuggire defilati nell'ombra (un applauso alla sensazionale tecnica di illuminazione, che esibisce squarci di luce e buio in tempo reale sorprendenti ancora oggi). Anche se non mancano dei momenti monotoni e macchinosi il gioco intrattiene il fruitore (che ricordo essere io) fino alla conclusione, che lo lascierà relativamente poco soddisfatto dell'esperienza. Insomma, un buon passo verso una direzione che non condivido.

VOTO: 7

sabato 6 febbraio 2010

GUNSTAR SUPER HEROES


Piattaforma: Game Boy Advance
Data di pubblicazione: 2005
Sviluppo: Treasure
Produzione: Sega

Seguito e, soprattutto, rifacimento del mitico Gunstar Heroes per MegaDrive.
Il fin troppo farcito gameplay del capostipite viene snellito e smussato presentando un' arsenale ridotto al classico tricromatismo sparatuttoide (rosso, blu, verde conditi con una sorta di smart bomb, prima assente). L'esito conduce ad un'azione di gioco meno caotica rispetto al sitema combinatorio di sei tipologie di sparo del 1993 che se da una parte rende più agevole e equilibrata la struttura di gioco, dall'altra rende il titolo più canonico, sottraendosi da quello spirito di incontinenza estrosa del predecessore.
Il comparto tecnico è sontuoso ed enfatizza (grazie alla vasta gamma di effetti grafici nei quali si destreggia) ai massimi livelli le potenzialità del portatile Nintendo, sfoggiando un chara-design rielaborato in maniera tale da rientrare, più che dignitosamente, negli standard degli anime robotici nel nuovo millennio. Ciò si intuisce anche dalla nuova coppia di protagonisti che, forti del dualismo uomo-donna, favoriscono, tra l'altro, la rigiocabilità del gioco.
La ricetta non cambia (salvo qualche nuovo frivolo minigame e un livello introduttivo, relizzato da zero, che ospita uno dei migliori boss made in Treasure nel picco di potenza visiva dell'intera avventura) e ci riesibirà tutte quelle inimitabili situazioni di gioco (su tutti, le sette spettacolari metamorfosi di Green e, apoteosi di follia creativa, il gioco dell'oca) ma anche quelle tediose e irritanti sezioni shoot'em up che se un tempo, pur nella loro mediocrità, godevano di una parvenza di originalità, oggi risultano semplicemente nocivi contribuendo ad un risultato disomogeneo e frammentario che poteva essere evitato. Ma, a quanto sembra, l'ostentazione della varietà di gioco ha prevalso. Replicato purtroppo il penoso scontro con il boss finale.
Non è con i remake che si costruisce la storia del videogioco, ma se questi ultimi fossero tutti di tale caratura saremmo tutti più felici.

VOTO: 7,5

venerdì 29 gennaio 2010

MANIAC MANSION


Piattaforma: PC DOS
Data di pubblicazione: 1988
Sviluppo: Lucasfilm Games
Produzione: Lucasfilm Games

Sono sempre stato dell'opinione che il videogioco, a differenza del cinema, per raggiungere il suo obiettivo primario (il divertimento) necessiti un incipit essenziale e elementare.
E Maniac Mansion ne è un esempio lampante, presentando i classici (e talvolta abusati) clichè della villa maledetta e della donzella da salvare dalle grinfie di un malvagio o un pazzo (o entrambi). Ma quando questi scontati elementi sono adoperati con gusto, competenza, equilibrio e una buona dose di comicità demenziale (intesa come base e chiave fondamentale del gameplay e non come superflua patina narrativa) il risultato è ineccepibile.
Il seminale e comodissimo sistema di controllo sublimato dal motore grafico (SCUMM), qui sperimentato per la prima volta (!), ci farà da mezzo per illuminare tutti quei punti oscuri, quelle stanze nascoste di una magione che si estenderà gradualmente e proporzionalmente ai contorsionismi della nostra mente intenta a ragionare con la testa degli autori. Dando vita ad un'esperienza scoraggiante nei momenti peggiori (a ognuno il proprio), ma irresistibile e appagante nei momenti di folle lucidità o lucida follia.
Ma non è finita perchè questo titolo presenta anche un paio di punti controversi, dai quali gran parte delle avventure grafiche è esente, da giudicare: l'obbligo di scegliere due compagni, su un cast di sei, in aiuto del protagonista (un solo gruppetto è predisposto a concludere l'avventura e liberare la ragazza) e il Game Over (il geniale finale precoce e i luoghi di stazionamento irrimediabile e definitivo). Entrambe soluzioni perfide che sparano in alto il livello di difficoltà e, ora, la decisione soggettiva di considerare ciò deleterio o benefico. Personalmente propendo per la seconda ipotesi, perchè ritengo che queste idee rendano la pietra miliare in questione ancor più originale, unica e alternativa di come sarebbe oggi priva delle suddette.

VOTO: 9

venerdì 22 gennaio 2010

ODDWORLD: ABE'S ODDYSSE


Piattaforma: PlayStation
Data di pubblicazione: 1997
Sviluppo: Oddworld Inhabitants
Produzione: GT Interactive

Avrebbe avuto tutte le carte in regola per essere un gran gioco, discepolo della filosofia platform amiga.
Abe è un protagonista irresistibilmente tenero e simpatico, il comparto grafico è rimasto (e rimarrà) indenne al decorso del tempo, l'atmosfera (grazie anche all'ottimo lavoro svolto sugli effetti sonori) è sensazionale, persino un efficace e originale sistema di poteri telepatici a far da valore aggiunto nello schema di gioco.
Purtroppo hanno sputtanato tutto con una meccanica di gioco che abusa spudoratamente del trial and error. E considerato il ritmo lento e il rigido controllo del protagonista potete immaginare quanto frustrante e tedioso possa essere memorizzare le locazioni e i pattern nemici per concludere livelli lunghi decine di schermate (dalla concatenazione ispirata ai puzzle games).
Un titolo eccellente nelle intenzioni, ma non nei fatti.

VOTO: 6

mercoledì 13 gennaio 2010

SOUL CALIBUR II


Piattaforma: X-Box
Data di pubblicazione: 2003
Sviluppo: Namco
Produzione: Namco

Il primo Soul Calibur fu un gioco straordinario e innovativo sotto ogni profilo. L'incontestabile qualità non poteva che assoggettarlo alla logica commerciale sforna-sequel: una politica che ha soffocato e sta soffocando numerosi franchise. Soul Calibur II nasce, appunto, sui binari di questa linea di non ritorno.
Vanta un inevitabile miglioramento cosmetico, arene più corpose e definite, piccole aggiustatine integrate nel sistema di combattimento e qualche nuova mossa.
Il rinnovamento della rosa dei personaggi è stato decisamente contenuto e conta tre sole vere new entry (il resto sono doppioni e mixer): Raphael, Talim e Spawn (ospite esclusivo su Xbox che si posiziona al secondo posto del podio, preceduto da un azzeccatissimo Link su GameCube e seguito da un Heiachi seriamente fuori luogo su PS2).
Ma spostiamoci sul gameplay. Bastano un paio di round per avvertire un rialzo generale della difficoltà rispetto a Soul Calibur. Conseguenza dovuta, più che dalla I.A. della CPU, dal ritmo più serrato e rapido (che mina la fisicità dei movimenti, più pesanti e naturali nel preuquel) delle sfide, che lascia maggior spazio a irritanti e disoneste serie di combo letali alla Tekken (comunque misurate e mai troppo invadenti, a differenza di quest'ultimo).
Ritroviamo di nuovo l'ammiccante modalità a missioni ("Maestro d'armi"), da affrontare per sbloccare le numerose ricompense. Qui, inspiegabilmente, hanno sostituito agli splendidi artworks del primo Soul Calibur le innumerevoli e superflue armi di ricambio. Peccato.
Insomma, il traguardo è stato raggiunto: un ottimo picchiaduro per un discreto sequel.

VOTO:8

giovedì 31 dicembre 2009

KIRBY: CANVAS CURSE


Piattaforma: Nintendo DS
Data di pubblicazione: 2005
Sviluppo: HAL Laboratory
Produzione: Nintendo

Il seguito spirituale di Yoshi Touch e, con lui, uno dei pochi "veri" titoli per DS. Ovvero, un titolo che dal nulla sostituisce freccie direzionali e pulsantiera con il pennino, rimanendo su un genere tradizionale: il platform.
Questo quando ancora il DS era dato per spacciato commercialmente e poteva accogliere nella sua softeca qualsiasi tipo di esperimento imperneato sull'originalità e sul controllo alternativo, due punti chiave che la Nintendo sembrava perseguire. Una linea radicale molto ardita, che avrebbe potuto rivelarsi suicida.
E infatti non ci mise molto Nintendo a sostituire i due punti chiave con la filosofia casual che avrebbe portato, di li a poco, alla nascita dei prolifici e poco videoludici filoni di sicuro impatto commerciale, come Nintendogs, Brain Training e Giulia passione.
Ma torniamo al gioco: si prende il controllo di Kirby (indirettamente, in quanto Kirby, nel suo perenne incedere, segue le striscie arcobaleno che il giocatore segna sullo sfondo) e, attraversando una sfilata di pittorici paesaggi dal sapore onirico, sfrutteremo le sue storiche abilità camaleontiche (assimilare sagome e poteri offensivi dei nemici dopo averli sconfitti) per risolvere puzzle e scovare medaglie, fino a raggiungere i boss di fine mondo.
In considerazione della portata sperimentale il titolo risulta precoce e un pò acerbo, presentando qualche giustificabile disfunzione nel sistema di controllo (la degenerazione si palesa in acqua, qui Kirby diventa una palla anarchica che si fa beffa delle nostre indicazioni).
L'avventura finisce molto presto, ma basta per dimostrarsi un gioco colorato, fresco, divertente e immediato. Valorizzato esponenzialmente dal seminale sistema di controllo che, pur con le succitate lacune, lo pone ad ergersi un titolo imprescindibile del genere.
Peccato sia già caduto nel dimenticatoio.

VOTO: 8

giovedì 24 dicembre 2009

MAX PAYNE


Piattaforma: X-Box
Data di pubblicazione: 2001
Sviluppo: Rockstar Vienna
Produzione: Rockstar Games

Non ho mai digerito il protagonista, e la trama realistica dalle tinte noir celebrata per potenza narrativa e introspezione psicologica la trovo tutt'altro che entusiasmante e credibile. Insomma, il background è insipido (forse troppo ambizioso per le reali capacità degli scrittori).
A ciò si aggiunge una grafica che, vista oggi, si rivela bruttina e che sfoggia ambientazioni che non brillano di certo per originalità strutturale e creativa. Il gameplay stupisce di primo acchito ma, proseguendo l'esperienza, si fa sempre più monotono (sensazione spiacevole che si trascina soprattutto a causa dell'insistente necessità del quick save).
Complimenti per il bullet-time...ma per il resto un gioco poco più che mediocre, del quale vennero inspiegabilmente sopravvalutati dalla critica gli aspetti più opinabili.

VOTO: 6

NEW SUPER MARIO BROS.


Piattaforma: Nintendo DS
Data di pubblicazione: 2006
Sviluppo: Nintendo EAD
Produzione: Nintendo

Concepito come una rielaborazione in chiave moderna di Super Mario Bros. Una scelta che rende il gameplay monco di tutti i passi avanti apportati da capolavori consanguinei del genere, come Super Mario World. Il un comparto grafico sfrutta appieno le potenzialità del DS (anche se stilisticamente risente il passaggio al poligono, che fa apparire tutto più artificioso). Inutile ribadire come il titolo presenti una valanga di citazioni che, secondo Nintendo, dovrebbero giustificare la carenza di novità (a mio avviso non è questa la linea da seguire per l'evoluzione di un genere...è innegabile che la Nintendo si stia riposando sugli allori da quando ha iniziato a far cassa con DS e Wii). Concludere il gioco si è rivelata un'impresa piuttosto semplice rispetto a titoli affini, tanto da lasciare un pò amareggiati e insoddisfatti chi trova in Mario la sintesi perfetta del gioco instintivo e profondo al contempo. Non mancano comunque un paio novità e qualche sorpresa (fra tutte, Mario che riempie lo schermo facendo il verso a Godzilla...un'esperienza catartica), ma non bastano per influenzare il mio giudizio. Una nota anche sui minigiochi: un insulto al gioco e al giocatore...una trovata a dir poco pessima.
Insomma, un platform scorrevole e piacevole...ma schiacciato dalla ineccepibile qualità e identità dei capisaldi precedenti. Se, però, non conoscete (e non avete intenzione di conoscere) i suddetti capisaldi, accomodatevi pure!

VOTO: 7,5

ADVANCE WARS


Piattaforma: Game Boy Advance
Data di pubblicazione: 2001
Sviluppo: Intelligent Systems
Produzione: Nintendo

Il primo titolo di spessore per GBA, che fino a quel momento si limitava generalmente a riedire vecchie glorie 16-bit. A livello visivo regna la sobrietà che contraddistingue i capolavori, quelli che non hanno bisogno di orpelli grafici per dimostrare il loro valore. Una mappa in cui muovere i propri mezzi per abbattere l'avversario che persegue il nostro stesso obiettivo, tutto qui. Ma come da tradizione giapponese, anche la guerra è un gioco: niente violenza, niente sangue, niente realismo, niente retoriche militariste e patriottiche. La fantasia prima di tutto (non ci sono legami con le nostre nazioni).
Il tratto stilistico dei nostri protagonisti (ognuno dei quali dispone di un asso nella manica, "virtù" nel gioco), che nascono sotto il segno dei "pochi ma buoni", è adorabile. Tutta la campagna è sorretta da un equilibrio invidiabile e insuperato grazie anche alla progressione delle missioni che manifestano sempre nuovi elementi, situazioni e condizioni di battaglia (l'impennata strategica dovuta alla presenza della nebbia però domina su tutte le altre varianti). Il lato debole è da ricondursi alle caratteristiche del genere stesso a cui il gioco appartiene, ovvero: le prime fasi troppo lente e semplici contrapposte alle fasi avanzate caratterizzate da missioni lunghe e spossanti (in quelle pullulanti di fabbriche si sfiorano i 40-45 giorni), di fronte le quali un giocatore poco esperto può arrendersi, anche per mancanza di stimolo (la scintilla che faccia sopportare il lungo rodaggio delle prime mosse...superato questo ostacolo si perde la cognizione del tempo, ormai conquistati e trascinati dalle meccaniche imperfezionabili del gioco).

VOTO: 9

mercoledì 23 dicembre 2009

Si comincia!

Ho sempre trovato che le recensioni (soprattutto in ambito videoludico) siano un pò troppo impersonali e canoniche. Sempre ancorate ad un archetipo formale che lascia poco spazio a delle riflessioni personali immediate. Forse perchè vincolati a dilungarsi sull'introduzione, sulla descrizione analitica del gameplay, su aspetti del gioco poco rilevanti dei quali si potrebbe e vorrebbe soprassedere ma che il copione impone.
Nasce così questo blog. Non per pubblicare recensioni (non sarei in grado di scriverle). Per quelle esistono già siti specializzati, alcuni sorretti da passione e competenza non indifferenti, come nel caso di Retrogamer e RetrogamingHistory...per citare quelli per me più influenti da buon retrogiocatore. Ma per pubblicare commenti laconici e pragmatici che, pur lasciando spazio a qualche divagazione, offrano al lettore, occasionale e non, una sintesi che vada diretta al sodo, che evidenzi istantaneamente i lati deboli e, poi, i punti di forza di un gioco.
Emergeranno prioritariamente i miei gusti, non nasconderò i miei pregiudizi e le mie idiosincrasie, anzi. In tre parole, sarò fazioso, radicale e superficiale.
Se lo stimolo a leggere una recensione latita perchè sentite il bisogno di un giudizio sbrigativo ma concreto e leggero, chiaro e convinto...date un'occhiata al mio blog. E, mi raccomando, dite la vostra.