venerdì 29 gennaio 2010

MANIAC MANSION


Piattaforma: PC DOS
Data di pubblicazione: 1988
Sviluppo: Lucasfilm Games
Produzione: Lucasfilm Games

Sono sempre stato dell'opinione che il videogioco, a differenza del cinema, per raggiungere il suo obiettivo primario (il divertimento) necessiti un incipit essenziale e elementare.
E Maniac Mansion ne è un esempio lampante, presentando i classici (e talvolta abusati) clichè della villa maledetta e della donzella da salvare dalle grinfie di un malvagio o un pazzo (o entrambi). Ma quando questi scontati elementi sono adoperati con gusto, competenza, equilibrio e una buona dose di comicità demenziale (intesa come base e chiave fondamentale del gameplay e non come superflua patina narrativa) il risultato è ineccepibile.
Il seminale e comodissimo sistema di controllo sublimato dal motore grafico (SCUMM), qui sperimentato per la prima volta (!), ci farà da mezzo per illuminare tutti quei punti oscuri, quelle stanze nascoste di una magione che si estenderà gradualmente e proporzionalmente ai contorsionismi della nostra mente intenta a ragionare con la testa degli autori. Dando vita ad un'esperienza scoraggiante nei momenti peggiori (a ognuno il proprio), ma irresistibile e appagante nei momenti di folle lucidità o lucida follia.
Ma non è finita perchè questo titolo presenta anche un paio di punti controversi, dai quali gran parte delle avventure grafiche è esente, da giudicare: l'obbligo di scegliere due compagni, su un cast di sei, in aiuto del protagonista (un solo gruppetto è predisposto a concludere l'avventura e liberare la ragazza) e il Game Over (il geniale finale precoce e i luoghi di stazionamento irrimediabile e definitivo). Entrambe soluzioni perfide che sparano in alto il livello di difficoltà e, ora, la decisione soggettiva di considerare ciò deleterio o benefico. Personalmente propendo per la seconda ipotesi, perchè ritengo che queste idee rendano la pietra miliare in questione ancor più originale, unica e alternativa di come sarebbe oggi priva delle suddette.

VOTO: 9

venerdì 22 gennaio 2010

ODDWORLD: ABE'S ODDYSSE


Piattaforma: PlayStation
Data di pubblicazione: 1997
Sviluppo: Oddworld Inhabitants
Produzione: GT Interactive

Avrebbe avuto tutte le carte in regola per essere un gran gioco, discepolo della filosofia platform amiga.
Abe è un protagonista irresistibilmente tenero e simpatico, il comparto grafico è rimasto (e rimarrà) indenne al decorso del tempo, l'atmosfera (grazie anche all'ottimo lavoro svolto sugli effetti sonori) è sensazionale, persino un efficace e originale sistema di poteri telepatici a far da valore aggiunto nello schema di gioco.
Purtroppo hanno sputtanato tutto con una meccanica di gioco che abusa spudoratamente del trial and error. E considerato il ritmo lento e il rigido controllo del protagonista potete immaginare quanto frustrante e tedioso possa essere memorizzare le locazioni e i pattern nemici per concludere livelli lunghi decine di schermate (dalla concatenazione ispirata ai puzzle games).
Un titolo eccellente nelle intenzioni, ma non nei fatti.

VOTO: 6

mercoledì 13 gennaio 2010

SOUL CALIBUR II


Piattaforma: X-Box
Data di pubblicazione: 2003
Sviluppo: Namco
Produzione: Namco

Il primo Soul Calibur fu un gioco straordinario e innovativo sotto ogni profilo. L'incontestabile qualità non poteva che assoggettarlo alla logica commerciale sforna-sequel: una politica che ha soffocato e sta soffocando numerosi franchise. Soul Calibur II nasce, appunto, sui binari di questa linea di non ritorno.
Vanta un inevitabile miglioramento cosmetico, arene più corpose e definite, piccole aggiustatine integrate nel sistema di combattimento e qualche nuova mossa.
Il rinnovamento della rosa dei personaggi è stato decisamente contenuto e conta tre sole vere new entry (il resto sono doppioni e mixer): Raphael, Talim e Spawn (ospite esclusivo su Xbox che si posiziona al secondo posto del podio, preceduto da un azzeccatissimo Link su GameCube e seguito da un Heiachi seriamente fuori luogo su PS2).
Ma spostiamoci sul gameplay. Bastano un paio di round per avvertire un rialzo generale della difficoltà rispetto a Soul Calibur. Conseguenza dovuta, più che dalla I.A. della CPU, dal ritmo più serrato e rapido (che mina la fisicità dei movimenti, più pesanti e naturali nel preuquel) delle sfide, che lascia maggior spazio a irritanti e disoneste serie di combo letali alla Tekken (comunque misurate e mai troppo invadenti, a differenza di quest'ultimo).
Ritroviamo di nuovo l'ammiccante modalità a missioni ("Maestro d'armi"), da affrontare per sbloccare le numerose ricompense. Qui, inspiegabilmente, hanno sostituito agli splendidi artworks del primo Soul Calibur le innumerevoli e superflue armi di ricambio. Peccato.
Insomma, il traguardo è stato raggiunto: un ottimo picchiaduro per un discreto sequel.

VOTO:8